Parigi. A casa di Pierre ed Elizabeth, detta Babou, docenti e genitori di due adolescenti, s’incontrano per una cena fra amici: Vincent, fratello di Babou, sua moglie Anne e Claude, un loro vecchio amico d’infanzia. In attesa dell’arrivo di Anne, Vincent comunica agli altri ospiti quale sia il nome che è stato scelto per il loro primogenito. La discussione sul nome tramuta la cena da tranquillo incontro fra amici a un regolamento di vecchi rancori.

Richiamando le atmosfere già calcate da Roman Polansky in Carnage (id.; 2011) ove una banale discussione fra genitori si trasformava in un regolamento di conti con tanto di spargimento di sangue e scontri fisici, anche in questa pellicola, tratta come la precedente da una pièce teatrale, è la banalità della situazione che la fa da padrona assoluta. Se in quel caso era un incidente di gioco fra due adolescenti qua è la scelta di un nome per un neonato, Le Prénom del titolo originale, che da il via a una serie di rivendicazioni e vecchi rancori. Un accorgimento iniziale sgombra però immediatamente il campo da possibili fraintendimenti, ovvero il riassunto virato in chiave comica della vita di ciascun commensale, accorgimento che richiama la medesima introduzione e le stesse atmosfere de Il Favoloso Mondo di Amelie (Le Fabuleux Destin d’Amélie Poulain; 2001), dando da subito l’impressione che non saremo al cospetto di un nuovo Carnage, o almeno non del tutto.
Cast e registi avevano già ampiamente esplorato le medesime atmosfere fatte di sguardi, arrivi inattesi e passato da raccontare attorno a una tavola imbandita, dato che nel biennio 2010 – 2011 avevano portato in scena, ma a teatro, la medesima sceneggiatura scritta proprio da Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, di recente visti nuovamente in coppia a dirigere Il Conte di Montecristo (Le Comte de Monte-Cristo; 2024). Una commedia che aveva già funzionato come sbanca botteghino teatrale e che al cinema, favorita dalla capacità di tutto il cast di calarsi per l’ennesima volta nei medesimi ruoli – con una particolare menzione per Patrick Bruel nel ruolo di Vincent, agente immobiliare sempre in bilico fra lo scherzo e la tragedia – aveva saputo farsi conoscere anche al di fuori dei confini francesi. Al punto che ad appena 4 anni di distanza, la nostra Francesca Archibugi rimodellandone il soggetto aveva dato vita al suo il nome del figlio (id.; 2015).



