Un gruppo di ex compagni di liceo scopre, per mezzo di una lettera del ministero della pubblica istruzione, che il loro diploma non è più valido. Così a distanza di vent’anni Giorgio, Lorenzo, Piero, Luisa, Virgilio e Francesca si rincontreranno per preparare nuovamente la tanto temuta maturità.

Tutto quello che non ci siamo detti venti anni or sono lo si può dire oggi?
E tutto quel che abbiamo fatto a 19 anni lo (ri)possiamo fare esattamente uguale adesso? Alla soglia dei quarant’anni?
Queste le domande irrisolte alle quali una delle migliori pellicole, almeno i termini di successo al botteghino, di Paolo Genovese ha cercato di dare risposta. Percorrendo in seguito sia la strada del sequel, Immaturi – il viaggio (id.; 2012) uscito a un anno circa di distanza. Sia della serie: Immaturi – La serie (id.; 2018) diretta da Rolando Ravello e sceneggiata a più mani anche dallo stesso Genovese. Un Genovese che per questa prima occasione fu capace di riunire un cast giovane, aggiungendovi il sapore agrodolce del tempo che trascorre dal periodo adolescenziale. Fino a far affezionare il pubblico ai protagonisti di un film che oggi, come venti anni prima, richiama gli stereotipi dei vari compagni di classe che si sono succeduti nella vita di ogni persona che osserva lo schermo. E le cui storie personali, e attuali, s’intrecciano fra loro in un continuo ping pong fra i ricordi di come eravamo e come siamo diventati. Con problemi adolescenziali irrisolti e i nuovi problemi dell’età adulta che lentamente si sono sedimentati nella vita di ognuno. Da quelli matrimoniali, a quelli delle madri single. Da chi fa fatica a relazionarsi con l’altro sesso, terminando con il quasi quarant’enne che non si decide a lasciare la casa dei genitori.
Un film quindi gradevole ma che non vuole veicolare messaggi particolarmente distanti dalle più normali osservazioni con le quali ci ricordiamo il periodo della scuola. E pellicola che non deve essere vista se non per quel che è, ovvero una commedia leggera come il periodo che vorrebbe rievocare e con una seconda maturità che dovrebbe finalmente e definitivamente fare chiudere, agli “immaturi” del titolo, il loro passato scolastico, anche se come detto non sarà così.
Per finire e da sottolineare l’ottima colonna sonora (molto ‘80ies) nella quale spiccano il pezzo omonimo firmato da Alex Britti: Immaturi e la versione acustica di Born To Be Alive suonata da Paolo Kessisoglu come sigla finale della pellicola, oltre all’eccellente prova di Maurizio Mattioli, nel ruolo del padre di Lorenzo (Ricky Memphis).

Pellicola da recuperare se amate le commedie all’italiana ben recitate. Dotate di un cast di primo livello. Da evitare accuratamente se non amate le medesime intrise di buoni sentimenti e finali concilianti e, soprattutto, se detestate anche solo pensarvi ancora al liceo e con lo spauracchio della maturità alle porte.