Intervista ad Alessandro Roja

Abbiamo fatto una piacevole chiacchierata con Alessandro Roja che i più ricorderanno come Il Dandi, ovvero uno dei tre Boss protagonisti di Romanzo Criminale – La serie, successo a livello italiano e probabilmente la miglior serie mai prodotta nel “bel paese”. Da allora però molti anni sono trascorsi e di acqua sotto ai ponti ne è passata altrettanta.

Diventato famoso grazie al ruolo di Dandi, Alessandro Roja ha successivamente saputo trasformarsi in un regista di pellicole molto interessanti

  1. Quali i tuo esordi? Come e quando hai iniziato, anche solo a pensarti nel ruolo di attore ?

    Sostanzialmente ho voluto da sempre fare cinema. Prima di tutto sono stato un appassionato e successivamente ho iniziato a vedermi nel ruolo principalmente di regista, di direttore della fotografia. Quindi il ruolo di attore è capitato un po’ per caso, un modo però che mi ha permesso di iniziare a fare parte di questo mondo.
  1. Per il grande pubblico sei famoso per l’interpretazione di Mario De Angelis (alias Dandi). Cosa puoi dire riguardo quel periodo ? E inoltre voi membri del cast avevate la sensazione di partecipare a una produzione che a tutti gli effetti ha fatto da spartiacque per il modo di fare serie in Italia?

    Lo ricordo come un periodo molto divertente e al tempo stesso formativo e quindi lo definirei come entusiasmante. Inoltre, e per quel che mi riguarda, ho imparato molto rispetto al percorso professionale che desideravo intraprendere al di fuori di quello recitativo.
  1. Parlo di un’altra serie che ho adorato e che hai progettato. Ovvero Il grande gioco (id.; 2022) con Francesco Montanari. Da dove nasce l’idea di narrare il dietro le quinte del mondo del calcio? E possiamo aspettarci una seconda stagione?

    Per il grande gioco mi sono limitato a idearne il concept. La serie è stata quindi venduta a SKY, che ha saputo sviluppare la sceneggiatura assumendosi sia oneri che onori.
  1. A parte il Dandi e Romanzo Criminale, che immagino ti abbiano cambiato la vita professionale. Quale il ruolo, se vuoi anche teatrale, al quale sei maggiormente legato anche in termini di ricordi? 

    Non mi riconosco come una persona particolarmente nostalgica, per questo ho sempre vissuto questo “viaggio” come una continua lezione, cercando esperienze in ogni ruolo e alla fine proprio ogni ruolo, ogni regista che mi ha diretto e ogni set sul quale mi sono trovato, mi hanno saputo lasciare qualche cosa di formativo. 
  2. Arriviamo a oggi. Come mai per iniziare la carriera dietro la macchina da presa hai scelto un soggetto perennemente in bilico fra il registro thriller e drammatico ? (Con la grazia di un Dio – nda) E come mai hai deciso di ambientarlo a Genova che, come dicevo nella recensione, è una delle città meno sfruttate dal cinema e dalle fiction di casa nostra? (Qui la nostra recensione)

    Era un approccio che mi stimolava e intrigava, perché non volevo girare una pellicola consolatoria o che non scandagliasse mondi o declinazioni di esistenze che non catturassero prima di tutto la mia curiosità. Genova è stata scelta perché penso fosse perfetta come personaggio aggiunto. Una città viva nel quale inserire la narrazione.
  3. Per concludere. Cosa ti riserva il futuro prossimo? Ovvero ancora dietro la macchina da presa, o nuovamente davanti? E in quali progetti (anche teatrali) sarai coinvolto?

    Come dicevo all’inizio, la mia idea è sempre stata quella di far parte di questo mondo e recitare è stato il primo modo grazie al quale ho potuto avervi accesso. Ma ora posso dire di aver smesso di fare l’attore. E l’ho capito quando ho avuto il coraggio di dire a me stesso che quello che ho sempre voluto è fare, e dirigere, film, nel senso più puro del termine. In questo momento sto inoltre sviluppando due sceneggiature con l’intento di trasformarle in altrettanti progetti.

Intervista ad Alessandro Roja