Attraverso un varco spazio – tempo il Führer viene catapultato nella Germania del 2014. Inizialmente visto come un semplice sosia e un elemento di folklore viene avvicinato da un aspirante regista che lo trasformerà in un caso mediatico senza eguali.

“… Non conosceva il potere del silenzio. Lo temeva. Lasciai che l’aria riempisse i miei polmoni e finalmente… spezzai la quiete” – Adolf Hitler
Caso letterario da oltre due milioni di copie vendute, e pubblicato a inizio anni ‘10 dal giornalista e autore di origini Ungheresi Timur Vermes. Trasformatosi fra le mani del regista Denis Wnendt, noto al grande pubblico per Krigerin (id.; 2011) in un successo senza eguali per il cinema tedesco. Per valutarne il successo basti pensare che il soggetto, venne ripreso da Luca Miniero che convinse Massimo Popolizio a interpretare Benito Mussolini, protagonista del remake: Lui è Tornato (id.; 2018) ottenendo, esattamente come nel caso di questo film, un ottimo successo di critica e pubblico.
Grande merito dell’efficacia del film di Wnendt va riconosciuto a Oliver Masucci, nel ruolo controverso, ma drammaticamente comico (o comicamente drammatico) di Adolph Hitler. E proprio rispetto a Krigerin i contenuti narrati in questa pellicola se ne discostano. Non perché differenti (si parla in entrambi della deriva nazista e di estrema destra) ma per via del registro narrativo adottato, che in tal caso impiega toni molto più surreali, e quindi meno immediati. Imponendo inevitabili riflessioni a chi guarda.
Grazie a una sceneggiatura a più mani, firmata anche dal regista, viene portato in scena, esattamente come nel romanzo, il pensiero in soggettiva di Adolf Hitler. Un uomo che narra in prima persona la propria esperienza fuori dal suo tempo. Che prima di tutto si deve abituare a una società multiculturale. A giudicarla e valutarla. A utilizzare il web. A scoprire quanto questa società, almeno a parole, sia ancora molto affine alle sue ideologie. Fino a fare l’ingresso nel mondo dei Talk-show, dove sarà accolto come una star, perché scambiato per un ottimo imitatore, ma pur sempre un imitatore. Diventando emblema dell’ anti – nazismo suo malgrado, perché confuso per un epigono folkloristico del Führer e per questo vittima di rappresaglie dalle frange più ortodosse dell’estremismo di destra.

Film che quindi non solo rappresenta una denuncia rispetto alla recrudescenza del nazismo, ma anche una feroce critica a un certo modo di fare informazione e TV. Una deriva che fa velocemente correre la mente a Oltre il Giardino (Being There; 1979) di Hal Ashby nella quale un giardiniere analfabeta veniva confuso per un maître à penser fino a diventare un opinionista televisivo di successo.
Pellicola da vedere per via di una trama non scontata e un protagonista (Masucci) capace di instillare più di qualche dubbio in chi l’ascolta. Grazie a una serie di situazioni inattese, osservazioni e battute sempre molto acute.