Sacro GRA, di Gianfranco Rosi

a cura di Ciro Andreotti

La vita di alcune persone che vivono a Roma, in prossimità del Grande Raccordo Anulare, viene seguita dal regista Gianfranco Rosi nel corso di quasi tre anni di ricerche e di riprese. Quello che se ne ricava è una linea di confine. Un ‘non luogo’ fatto di vite accomunate da un’autostrada urbana che divide la campagna dai quartieri della città. Quartieri ancor più periferici e distanti dall’Urbe e dalla vita della Capitale.

Il GRA, Grande Raccordo Anulare, è l’autostrada urbana più lunga d’Italia, con un’estensione pari a un anello di Saturno”

Queste le parole con le quali viene descritto il GRA esplorato in lungo e in largo prima dall’urbanista e paesaggista Nicolò Basetti, che sia a piedi, sia con altri mezzi ha deciso di dare vita a una lunga camminata antropologica; attraversando più volte i quasi settanta chilometri del Grande Raccordo Anulare, tramutandoli in totale in quasi trecento chilometri. Percorrendoli e consegnandoli al documentarista Gianfranco Rosi, in seguito a un passo dal premio Oscar per Fuocoammare (id.; 2016), dedicato a Lampedusa e al mondo dei migranti, il quale, forte delle esperienze maturate fra l’India, la vita ai margini, delle baraccopoli made in USA, e dei narcotrafficanti messicani, per una volta ha deciso di ripercorrere nuovamente quei quasi settanta chilometri, soffermandosi anch’egli alla ricerca di vite ai margini. Posizionate lungo quella linea di confine che è il GRA: ovvero fra il centro sfavillante della capitale e la vita lontana dai riflettori. Nei luoghi dove la cementificazione, il degrado, i campi incolti, possono lasciare ben poco spazio all’inventiva.

Le storie scovate e narrate da Rosi risultano al fine qualche cosa di tenero e di mai visto, quasi irreali per quanto paiono assurde, ma assolutamente tutte calate nella realtà: si passa dal soccorritore in ambulanza, al nobile decaduto che vive in pochi metri quadrati e in compagnia della figlia. Dal pescatore di anguille, a due prostitute ormai troppo anziane per poter sperare di attirare qualche cliente danaroso. Dal nobile, sempre lui, che decide di affittare la propria abitazione come set per fotoromanzi. Fino al ‘Palmologo’ interessato alla salute delle palme che incontra lungo il proprio percorso e che accudisce con una cura a dir poco maniacale. Tutte storie narrate sullo sfondo poliedrico e cementificato del GRA, un ‘non luogo’ che l’architetto e politico Romano: Renato Nicolini, definiva “il muro invalicabile” restituitoci per una volta non più come una terra di nessuno ma come un luogo quasi metafisico e meritevole di venire studiato ed esplorato.

Lo sforzo di Rosi riesce quindi a colpire l’immaginazione del pubblico con una pellicola che può fare tranquillamente coppia con La Grande Bellezza (id.; 2012) di Paolo Sorrentino. Con il sostanziale distinguo dato dalla percezione che si può avere di Roma. Da un lato vista come fonte di estasi e splendore, oppure mai vista ed esclusivamente filtrata attraverso la lingua di asfalto del GRA.

Leone d’Oro a Venezia 2013, come miglior film. E pellicola da vedere se amate l’antropologia urbana e una Roma vista da altri punti di vista.

Sacro GRA (id.) Italia, Francia – 2013. Regia di: Gianfranco Rosi Genere: Documentario Durata: 90′. Cast: Roberto Giuliani, Francesco De Santis, Paolo Regis, Amelia Regis, Principe Filippo Pellegrini, Cesare Bergamini, Gaetano Finocchi, Patrizia Torselli, Daniel Ona Fotografia: Gianfranco Rosi Musiche: Enis Rotthoff Soggetto: Niccolò Biasetti, Lizi Gelber Montaggio: Jacopo Quadri Produzione: DocLab, La Femme Endormie, Rai Cinema Distribuzione: Officine UBU.

Sacro GRA, di Gianfranco Rosi

Valutazione finale: 7 /10