Air – La storia del grande salto, recensione del film diretto da Ben Affleck

All’inizio degli anni ‘80 Sonny Vaccaro, manager del mondo dello sport, viene ingaggiato dalla Nike per risollevare le sorti del settore pallacanestro. Per fare questo Sonny cerca di convincere una giovane promessa a firmare per l’azienda di Portland.

Matthew Maher, Matt Damon e Jason Bateman in una scena del film

In futuro il marchio Air Jordan sopravvivrà sia a me, sia allo stesso Michael”

Parole e musica di Sonny Vaccaro, manager dalle chiare origini Italiane e dalla capacità di creare brand e idee quasi dal nulla. Matt Damon lo impersona come un uomo di mezz’età, fuori forma ma con una passione a 360° per la palla a spicchi. Inizialmente incapace a risollevare una marca di scarpe che nell’America Reganiana era nota per il jogging e non per il basket, e con avversarie del calibro di Converse e Adidas, che si spartivano le super star NBA. Questo fino a quando Sonny non intuisce le potenzialità di una giovane promessa, Michael Jordan, predicendone fortuna e onori e di come abbia saputo persuadere la famiglia Jordan, in particolare la signora Deloris, di portare il figlio a sottoscrivere il primo accordo non solo fra una marca di sneakers e un atleta, ma riscrivendone l’agiografia riportata nella citazione iniziale. Ovvero una calzatura che non è più uno strumento di gioco ma che diventa simbolo costruito attorno al soprannome e alla figura di un singolo uomo.

Nelle retrovie del mondo del marketing Matt Damon deve regolarmente scontrarsi con il suo vecchio amico Ben Affleck, calatosi sia nel ruolo dell’eccentrico CEO della Nike, Phil Knight, sia in quello di regista. Al suo fianco Rob Strasser, interpretato da Jason Bateman, direttore marketing agguerrito, ma che come tutti non crede molto in una Nike vincente nello scontro con i brand rivali.

La pellicola scivola veloce fra ripensamenti, dubbi, discussioni professionali e scontri personali fino al più classico dei finali concilianti. Film che una volta terminato risulta visibilmente meno efficace del precedente successo firmato da Affleck nel lontano 2012: Argo, che gli valse l’Oscar come miglior regista oltre a numerosi attestati di stima. Motivo della minor efficacia è attribuibile a una trama piena di personaggi che, per quanto caratterizzati da ciascun attore nella maniera migliore possibile, non bucano lo schermo né per simpatia e nemmeno per la capacità di essere ricordati. Fa eccezione Viola Davis, nel ruolo della madre di Jordan, il quale aveva preteso l’ingaggio del premio Oscar per impersonare Deloris. Vera spina dorsale di una trattativa lunga, estenuante ed articolata, in cui l’atleta simbolo di una generazione di cestisti s’intravede solo di spalle e in immagini di repertorio.

Piacerà a chi è catturato dall’idea ancora viva del sogno americano declinato come idea vincente portata avanti da un singolo individuo. Si astenga chi pensa in questa pellicola di rivedere le gesta del 23 con la casacca rossonera dei Bulls di Chicago.

Air. La storia del Grande Salto (Air) USA, 2023 Regia di: Ben Affleck Genere: Biografico, drammatico. Durata: 112′ Cast: Matt Damon, Ben Affleck, Jason Bateman, Marlon Wayans, Chris Messina, Chris Tucker, Viola Davis, Matthew Maher. Fotografia: Robert Richardson Musiche: Andra Von Foerster Sceneggiatura: Alex Convery Produttore: Amazon Studios, Mandalay Pictures, Skydance Media Distribuzione: Warner Bros

Air – La storia del grande salto, recensione del film diretto da Ben Affleck

Valutazione finale: 6/10