Il mostro dei mari, recensione del film diretto da Robert Gordon

Il mostro dei mari, recensione del film diretto da Robert Gordon.

A poche miglia dalle coste della California,un sottomarino atomico agli ordini del comandante Matthews si imbatte in una misteriosa e mostruosa presenza che emerge dagli abissi. Presto si scopre che si tratta di una gigantesca piovra carica di forza radioattiva derivante da esperimenti nucleari. Il mostro si dirige verso San Francisco, in cerca di cibo e l’equipaggio si trova a dover affrontare una minaccia che non conosce ostacoli ed avanza mettendo in serio pericolo le città della costa e, forse, l’intero genere umano…

Folgorato dal lavoro di Willis O’ Brien, nel King Kong del 1933 di Merian C. Cooper, il giovane Harry Harryhausen diede vita a quella che si definisce “arte dell’animazione”. Nel 1953, dopo l’uscita nei cinema di The Beast From 20.000 Fathoms (Il risveglio del dinosauro), di cui Harryhausen curò gli effetti speciali, il produttore Charles Schneer auspicò l’avvio di una collaborazione con il giovane artista. Anche in considerazione dei più che soddisfacenti risultati creativi e, soprattutto finanziari riscossi dalla Warner.

Coinvolta nel neonato filone Sci – Fi, all’alba della seconda metà degli anni ’50, periodo fecondo di innovazioni ed eventi, nel corso di una storia che stava portando importanti cambiamenti agli Stati Uniti d’America. Il risultato fu It Came From Beneath The Sea (Il mostro dei mari). Primo di una serie di film prodotti da Schneer, affiancato da Harryhausen, come curatore degli effetti speciali. Suoi: Il 7° viaggio di Sinbad, A 20 milioni di Km dalla Terra e Giasone e gli argonauti, il più noto e riuscito della serie.

Ausen all’arte visiva,in funzione dei lavori di O’ Brien e comprendere le differenze nelle caratteristiche peculiari delle opere dei due artisti. Uno dei marchi di fabbrica di O’ Brien, nel corso della sua carriera, fu l’utilizzo della pittura su vetro. In King Kong, l’effetto tridimensionale della giungla di Skull Island, fu ottenuto con successo, riproducendo alberi e piante su lastre di vetro. In seguito, animando i modelli su diversi strati di queste realistiche immagini di foresta, ottenute da vari interventi di pittura, O’ Brien riuscì a dare l’illusione della profondità e del dinamismo ambientale, inserendolo efficacemente nello sviluppo altamente drammatico della vicenda.

Kenneth Tobey e Faith Domergue in una scena del film.

Il mostro dei mari, recensione del film diretto da Robert Gordon.

Questa tecnica, la si vedrà realizzata nella pienezza delle sue possibilità, da un altro genio del cinema, Walt Disney. Che elaborerà, per Biancaneve e i 7 nani, la “Multiplane Camera“, cambiando radicalmente il significato visivo e sociale del cartone animato. Harryhusen, nella sua ossessiva ricerca di realismo, gioca in riserva e tiene un occhio particolarmente aperto sul costo di ogni singolo effetto. Per lui, il rapporto costi benefici per l’utizzo di molteplici lastre dipinte, non è accettabile e decide che un semplice ma ben fatto scenario, “Matte Paintig“, è perfettamente adeguato ed esaustivo alle sue necessità.

Il risultato,d’altro canto,è nettamente inferiore in efficacia alla resa del laoro di O’ Brien e,per compensare questo,Harry ricorre all’esasperata fluidità nel movimento della sua animazione.
E fu proprio questa caratteristica l’aspetto essenziale del sua successo e della sua fama di inarrivabile cultore della precisione. Il mostro dei mari non è sicuramente una delle sue opere migliori. Sorretto appena da una regia piuttosto povera di Robert Gordon, il film si deve arrangiare a fronte di un buget molto ristretto, imposto dalla produzione.

Per limitare le spese, Ray fu costretto ad animare solo 4, dei 6 tentacoli della piovra gigante. Ma ciò nostante, la pellicola trova vigore nella grande energia innovativa dell’artista. Capace di inserire realisticamente e con sorprendente efficacia gli effetti dell’animazione a passo uno, nel contesto del film in Live Action. Evidenziando l’interazione dei personaggi creati con il mondo circostante e nell’ambiente nel quale l’azione si svolge. Fu per questa ragione che Tomauki Tanaka e Ishiro Honda, per il loro primo Godzilla, si ispirarono al maestro e alla sua tecnica Dynamation, che permetteva che le miniature interagissero con gli attori in carne ed ossa.

Gli ostacoli dettati dal basso budget della produzione e, si dice, dalla scarsa collaborazione dello Stato della California, che vide il Golden Gate da poco edificato, distrutto da un mostro proveniente da angoli della Terra temuti e sconosciuti,non impedirono al film di tenersi lontano dagli scaffali dei B – Movies in superserie in quegli anni,che vedono un’America immersa in un clima di guerra fredda,che trasfigura i pericoli provenienti dagli abissi dell’oltre cortina,in orribili mostri o creature aliene,portatrici di morte e devastazione. Nonostante i suoi 50 anni, il film presenta sempre e comunque il valore di un cinema che si sviluppa nella costante ricerca di quegli effetti visivi che, fino ad oggi, rubano sempre di più dalla realtà, per affascinare e conquistare l’attenzione di un pubblico sempre più ansioso di essere sorpreso.

Il mostro dei mari (It Came from Beneath the Sea.) USA 1955 Regia di: Robert Gordon. Genere: Fantascienza, Avventura, Horror. Durata: 80′. Cast: Kenneth Tobey, Faith Domergue, Donald Curtis, Harry Lauter, Ian Keith, Dean Maddox Jr., Chuck Griffiths, Harry Lauter, Richard W. Peterson, Del Courtney. Fotografia: Henry Freulich. Musiche: Mischa Bakaleinikoff. Sceneggiatura: George Worthing Yates, Hal Smith.

Il mostro dei mari, recensione del film diretto da Robert Gordon.

Valutazione finale: 6,5/10