The Possession recensione del film diretto da Ole Bornedal

The Possession recensione del film diretto da Ole Bornedal.

Titolo equivoco, apparentemente scontato, The Possession ha la valenza di un’identità più complessa di quella intuibile nel cinema di corsia. Film tutt’altro che asciutto, eredità più meritata dal capostipite di Friedkin del ’73 rispetto alla schiumata di catalogo, The Possession può soffrire della sindrome del pregiudizio, giustificata in questi tempi per l’overdose di releases di genere, ma una lettura più pacata della storia può deviare l’ovvietà per spostarsi sui piani un poco più articolati che conformano la struttura del lavoro.

The Possession recensione del film diretto da Ole Bornedal.

Dribblata l’oziosità di una trama tessuta sulla possessione demoniaca, oggi area di spettacolo in iperventilazione, il regista danese Ole Bornedal (Nightwatch) muove altri elementi e induce a percezioni alternative oltre la provvisorietà del primo sguardo al soprannaturale e basta.

La storia è quella di una bambina, Emily, (Natasha Calis), di sua sorella maggiore Hanna (Madison Davenport) e dei loro genitori, papà Clyde (Jeffrey Dean Morgan) e mamma Stephanie (Kyra Sedgwick), divorziati di recente. Clyde e le due ragazzine passano il weekend in una casa nella zona residenziale ai margini metropolitani, mentre la madre resta a casa con il nuovo compagno a salutare e raccomandare l’ex marito sulle attenzioni alle figlie. La situazione è classica. e introduttiva.

Durante una vendita di oggetti usati nel cortile di una casa del quartiere, Emily adocchia una vecchia scatola di legno su cui sono incise delle iscrizioni in ebraico e scongiura il padre di acquistarla. La bambina viene accontentata, ma ben presto il suo comportamento cambia. Dapprima scontrosa e violenta fino a ferire il papà, Emily diventa preda di un’ossessione morbosa nei confronti di un oggetto oscuro che pare influire su di lei malevolmente.

La casa si riempie di falene,avvenimenti sinistri si ripetono con sempre maggior frequenza e una presenza maligna si impossessa di Emily. Accusato dalla moglie e dalla figlia maggiore di non aver assistito Emily dovutamente, Clyde, dopo aver ricevuto consulenza nella traduzione degli scritti da un professore ebreo, si rivolge ad un giovane rabbino della comunità ebrea di Brooklyn, il quale, contrariamente al collegio degli anziani risoluti a prendere le distanze con il caso, decide di aiutare un’anima che si trova in pericolo.

The Possession non si sottrae agli stereotipi di genere,ma gode di alcuni privilegi che ne qualificano la natura. Il regista offre l’opportunità di interpretare il termine di possessione,muovendosi con disinvoltura dall’esoterismo all’alienazione per il possesso,seguendo un meccanismo che riporta alla condizione di un Gollum spaccato in due realtà da ciò che lo possiede e che allo stesso è oggetto agognato.

Allo stesso modo Emily è posseduta e nello stesso tempo vuole possedere. Il regista permea il lavoro di questo senso di contrasto, allargandolo dalla struttura concettuale del film, alla fotografia, alla scenografia. Si capisce allora il vestito bianco della bambina, l’innocenza in pericolo, che squarcia il grigiore durante la vendita nel cortile e il suo risaltare davanti alla macchia scura della scatola. La vendita nei cortili è in America il segno della condivisione nella comunità e dello scambio sociale.

The Possession recensione del film diretto da Ole Bornedal.

Bornedal decide che la scatola venga scoperta in questa circostanza introducendo il gioco dell’Avversario, la mossa di colui che vuole separare,allontanare e corrompere. Allo stesso modo il regista mette in luce come il guastarsi dei rapporti fra Clyde e Stephanie sia la conseguenza di quello che è entrato a far parte del nucleo famigliare, un dibbuk,uno spirito malvagio ben noto al folklore ebraico.

Fortemente simbolico è lo sfondo sociale su cui si anima la vicenda e il palcoscenico malinconico di una famiglia fratturata è il terreno dove il seme del dissidio apre i solchi per portare il suo frutto guasto mentre il Signore delle mosche diventa lo Spirito delle falene, creature notturne dalla forma ripugnante.

Quasi a dispetto di un’ipocrisia demagogica e didascalica che confina l’intervento umano contro l’egemonia demoniaca fra le mura culturali di un cristianesimo prevalentemente vaticano (Il Rito, Omen, Il presagio, L’altra faccia del diavolo, L’esorcista), il regista allarga la pratica dell’esorcismo alle correnti ebraiche, con un ricorso al giudaismo precristiano dove la la presenza dell’Avversario, citata da Cristo stesso, era la figura del nemico che separava.

Bornedal esplora tematiche d’ordinanza, ma lo fa con la discrezione e l’occhio di chi si sottrae ai paradigmi per offrire soluzioni più suggestive ad antenne in ascolto. In The Possession non si salta e non si trema, ma si guarda un cinema di decoro libero dalle pastoie dei clichès della noia e quasi fascinoso per chi volesse leggere cosa si scrive fra le righe.

The Possession (Id.) USA 2012 Regia di: Ole Bornedal. Genere: Horror. Durata: 92′ Cast: Jeffrey Dean Morgan, Kyra Sedgwick, Grant Show, Madison Davenport, Natasha Calis, Agam Darshi, Quinn Lord, Rob LaBelle, John Cassini, Nana Gbewonyo, Erin Simms, Jim Thorburn, Amanda Dyar, Matisyahu, Anna Hagan, Graeme Duffy, Kyle Cornell, Adam Young, James O’Sullivan, Sharmaine Yeoh, David Hovan, Jarett John. Fotografia: Dan Laustsen. Musiche: Anton Sanko. Sceneggiatura: Juliet Snowden, Stiles White. Produttore: Sam Raimi, Robert G. Tapert, Shawn Williamson, J. R. Young, Kelli Konop, Stephen Susco. Distribuzione: M2 Pictures.

The Possession recensione del film diretto da Ole Bornedal.

Valutazione finale: 6/10