Zona d’ombra, di Peter Landesman

a cura di Ciro Andreotti

Nei primi anni 2000 il medico legale Bennet Omalu, coroner della città di Pittsburgh, s’imbatté nel corpo senza vita di ‘Iron’ Mike Webster, ex giocatore di football degli Steelers e morto dopo anni di depressione, emicrania e istinti suicidi. Il dottore scoprì che a causa della sua vita da atleta l’uomo era stato vittima di ripetuti colpi subiti alla testa, circostanze che l’avevano portato a contrarre la CTE (encefalopatia cronica traumatica).

La domenica una volta era il giorno dedicato a Dio, oggi invece è la giornata dedicata al football !!”

Una delle panacee dei mali a stelle e strisce è uno sport violento fatto da una guerra di posizione a suon di placcaggi fra uomini che scollinano il quintale, pronti a rincorrere una palla ovale e a proteggere la linea di meta a costo di minare la propria salute. Questo l’incipit dal quale prese il via Game Brain, articolo della giornalista Jeanne Marie Laskas, successivamente diventato una pellicola diretta da Peter Landesman, qui alla sua seconda opera dietro la macchina da presa. Perché dietro uno degli sport per eccellenza del mondo americano si cela la vita di un medico forense di origine nigeriana. Un uomo cresciuto a migliaia di chilometri dalla Pennsylvania ma con una caratteristica umana particolare; Bennet Omalu parla con i cadaveri che sta per analizzare, guidato dal desiderio di conoscerne la vita per capirne le cause di morte. Ed è proprio a causa della sua ostinazione e delle sue ricerche che Omalu viene immediatamente accusato di minare le fondamenta della NFL e per questo ostracizzato per anni dalla nazione che l’aveva accolto, prima di una riabilitazione tardiva seppur suffragata da prove evidenti.

La pellicola, pur capace di non fare dimenticare una vicenda tristemente reale, minacce incluse, non riesce però a sganciarsi minimamente da un moralismo e buonismo che obbliga Smith a occupare ogni inquadratura ma che al tempo stesso riduce il film a una personale battaglia del singolo contro un sistema nel quale prevalgono interessi a sette zeri che travalicano il senso dello sport.

Will Smith riesce ad aggiungere al suo spettro di interpretazioni calate nella realtà storica, una replica esatta del Dottor Omalu, come già era capitato nel caso dell’ex pugile Muhammad Ali (Alì; 2001) e in seguito per il ruolo di Richard Williams in Una famiglia vincente – King Richard (King Richard; 2021), al punto di assumerne anche un accento straniero purtroppo non sottolineato adeguatamente da un doppiaggio incapace di rendergli giustizia. Oltre all’ex Principe di Bel Air risulta molto convincente la prova di Alec Baldwin nella parte di un ex – medico sociale NFL con il desiderio di redimersi.

Film quindi con una trama che seppur imbevuta di retorica, risulta complessivamente avvincente e quindi da recuperare per conoscere una vicenda troppo a lungo taciuta.

Zona d’ombra – una scomoda verità (Game Brain) USA, Australia, Regno Unito 2015. Regia di: Peter Landesman Genere: Drammatico Durata: 123′. Cast: Will Smith, Gugu Mbatha-Raw, Alec Baldwin, Stephen Moyer, Eddie Marsan, Luke Wilson, David Morse, Albert Brooks, Adewale Akinnuoye-Agbaje Fotografia: Salvatore Totino Montaggio: William Goldenberg Soggetto: Jeanne Marie Laskas Sceneggiatura: Peter Landesman Produzione:The Cantillon Company, LStar Capital, Scott Free Productions, The Shuman Company, Village Roadshow Pictures Distribuzione: Warner Bros Italia.

Zona d’ombra, di Peter Landesman

Valutazione finale: 6.5/10