In fabbrica, recensione del film diretto da Francesca Comencini

In fabbrica, recensione del film diretto da Francesca Comencini.

In fabbrica, ritratto dell’Italia dell’immigrazione negli anni felici del boom, del dualismo Pci-Dc e più tardi della prima esperienza del centro-sinistra, fortemente influenzata da quel tintinnìo delle sciabole di Nenniana memoria, ci consegna una delle più marcate visioni realiste apparse negli ultimi anni.

In fabbrica, recensione del film diretto da Francesca Comencini.

Documentario sociale realizzato facendo ampio uso delle interviste a cittadini del Sud costretti ad emigrare a Nord. Nel famoso triangolo industriale ma anche in Germania, Belgio e Svizzera. Girato in bianco e nero, utilizzando documenti d’epoca e un commento che non lascia spazio nè a retorica nè a riflessioni dietrologiche, in fabbrica raccoglie, scansiona e invia all’attenzione di noi tutti spezzoni di vita. Di vite plasmate dal lavoro, simbolo di riscatto dalla miseria secolare di un meridione, ancorato a una perenne condizione di sottosviluppo, in mano a latifondisti e caporalato.

Un ritratto umano delle persone che hanno popolato e popolano le fabbriche italiane…

La trasformazione antropologica di donne e uomini, attraverso penosi riti di accettazione sociale e discriminazioni di vario segno. In alcune città industriali comparivano cartelli con su scritto non si affitta a meridionali. Trasformazione che si snoda attraverso e anche grazie al forte impatto con la fabbrica, con la produzione a catena, l’implacabile linea.

La fabbrica, luogo fisico estraneo ai remoti spazi incantati dell’entroterra Siculo, o a quelli immensi del Tavoliere o ai villaggi sperduti tra i monti di un sud rurale e magico. Se da un lato garantisce inediti livelli di sopravvivenza al nuovo ex-contadino-operaio dall’altro ne estorce vitalità e intelligenza. Compensando con la promessa di nuovi consumi lo spreco di creatività potenziali, di energia innovativa, di tensioni positive.

Il lavoro della Comencini in tal senso mette in luce un’Italia che oltre a non esserci più è lontana anni luce dal quotidiano sistema paese. Schiacciato da corporazioni intoccabili che, grazie a politiche garantiste, perpetuano il potere secondo linee quasi dinastiche. Offrendo a milioni di cittadini la consolazione di un’allarmante dominio sulle anime, tramite schermi televisivi. Anime da tempo depredate alla temporalità della Chiesa e al suo ex monopolio spirituale con consistenti basi finanziarie.

Il lavoro oggi è, e la Comencini lo sa bene, riduzione ad una sorte di ultra merce, iper flessibile, ipo garantito e nano pagato. I ragazzi lo sanno bene. Chissà che non apprezzino lo sforzo della regista e ne traggano spunto per ricominciare a battagliare in nome del più elementare dei diritti: quello di un’esistenza decente.

In fabbrica (In the factory.) Italia 2007 Regia di: Francesca Comencini. Genere: Documentario Durata: 74′. Cast: Fotografia: Valerio Azzali. Musiche: Edoardo Vianello, Ida Kelarova, Chat Noir. Sceneggiatura: Francesca Comencini, Michele Astori.

In fabbrica, recensione del film diretto da Francesca Comencini.

Valutazione finale: 8/10